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Biografie: A. Cornacchione - F. Di Cioccio - A. Di Ianni - G. Fraticelli - P. Gambescia


Paolo GAMBESCIA
P. Gambescia

Paolo Gambescia, abruzzese, è nato a Paglieta, in provincia di Chieti, 59 anni fa ed è giornalista professionista dal 1970.
Ha iniziato la sua attività all’Unità, dove è rimasto per quattordici anni, occupandosi, in modo particolare, di terrorismo e mafia.
Dopo una parentesi all’Occhio, fondato da Maurizio Costanzo, passa al Messaggero, prima come inviato, poi come redattore capo e, infine, come vice-direttore. Nell’agosto del ’98, diventa direttore dell’Unità, ma già nel settembre dell’anno successivo viene chiamato alla direzione del Mattino di Napoli, fino al luglio del 2002, quando diventa direttore del Messaggero, il principale giornale di Roma, ma anche il più importante quotidiano del centro-sud.
E’ autore di diversi libri sull’amministrazione della giustizia e di inchieste televisive sui grandi temi giudiziari e sociali.
Tra i libri particolare importanza rivestono 2 saggi. Il primo: “Magistratura, un mito controluce”, il secondo sul problema delle tangenti partendo dal caso Lockheed che determinò le dimissioni del Presidente della Repubblica Giovanni Leone.
Per la Rai ha “inventato” le trasmissioni dei processi in diretta registrando 2000 ore di udienza al primo maxi processo sulla mafia istruito da Giovanni Falcone.
Successivamente ha realizzato documentari inchiesta sulla ‘ndrangheta e sulla criminalità organizzata nella Sicilia Orientale. Inoltre è autore, insieme al regista Negrin, di una inchiesta televisiva sulle abitudini sessuali trasgressive degli italiani.
Insegna all’Università di Roma “La Sapienza” nella facoltà di Lettere nel corso di Laurea specialistica sulla Comunicazione e alla facoltà di Scienze delle Comunicazioni all’Università di Teramo.
Ha sempre pensato che il giornalismo fosse lo strumento per analizzare i problemi della gente, per far discutere, per proporre una mediazione tra i sogni e i bisogni delle persone. Non ha mai creduto al giornale gridato e al giornale – partito anche se ha sempre sostenuto che la libertà di stampa significa anche accettare giornali faziosi che si contrappongono a giornali faziosi: perché l’importante è che tutte le voci hanno la possibilità di esprimersi.
Il suo è un giornalismo che oscilla come un pendolo tra i dati della concretezza e il rispetto dei principi e delle regole. E’ stato, quando nessuno o pochi volevano esserlo, garantista e continua ad esserlo oggi che le situazioni sono profondamente cambiate perché è convinto che il rispetto dei principi delle regole e dei diritti sia l’essenza stessa della democrazia. Quando è stato necessario non ha avuto esitazioni a riconoscere i propri errori ed è questa merce rara in un mondo, quello dell’informazione, nel quale si è portati a giudicare e a rifiutare di essere giudicati.
Ha sempre detto che il potere della stampa non risiede nella capacità di condizionare gli altri poteri ma nella possibilità di controllare gli altri poteri. Nella convinzione, che avevano i latini che potere significa: avere le qualità e le conoscenze per….
E’ un giornalista vecchia maniera, che non è venuto dalla scuola ma dalla pratica, però dopo essersi laureato e dopo aver rinunciato ad un lavoro che gli interessava molto dentro l’università come ricercatore in diritto ecclesiastico. Questo si chiama vocazione? Può darsi. Sicuramente significa che questo mestiere si può fare solo se viene percepito non come uno status ma come un servizio per la collettività.

 

 

Info: Associazione Culturale "La Maiella"
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